venerdì 25 giugno 2010

Il miglior modo di osservare un pesce é diventare un pesce

Lo diceva Jacques Cousteau: "Il miglior modo di osservare un pesce é diventare un pesce".
Sarà la febbre ma stasera mi prende male. C'era una tessera della biblioteca comunale in mano a una sedicenne curiosa e c'era uno scaffale di libri dall'aspetto vecchiotto che parlavano di esplorazioni sottomarine.
L'autore era Jacques Cousteau e più leggevo più gli volevo bene.
L'ultimo vero esploratore che sia vissuto, inventore dell'erogatore subacqueo, per esplorare un mondo più sconosciuto di Marte.
I racconti delle sue immersioni dalla Calypso, la nave dragamine che aveva adattato a nave oceanografica risalivano a tanti anni prima ed avevano un pò il sapore della storia, con gli strumenti artigianali per le immersioni creati e sperimentati per la prima volta. Poi é venuta la divulgazione, i libri, i film-documentario (bellissimo "il mondo del silenzio"), per far conoscere a tutti e far amare il mondo sottomarino, perchè Cousteau pensava che si protegge ciò che si ama e che per conservare e tutelare qualcosa lo si deve amare.
Non c'é riuscito, é evidente.
Suo nipote Philippe Cousteau oggi si immerge nel golfo del Messico e ci mostra, sospese nell'acqua, nuvole rossastre fatte di vischiose gocce di petrolio misto a solventi chimici, risultato dei tentativi della British Petroleum di far sparire dai telegiornali quelle lunghe chiazze di petrolio in superficie che si vedono tanto bene dagli elicotteri, affondandole in mare e quindi facendone trappole mortali trasportate dalle correnti per qualsiasi pesce ci finisca in mezzo.
Si vede che amiamo altre cose, la stabilità, la macchina, il posto di lavoro fisso. Queste le proteggiamo, il mare e l'aria no, che sono soltanto i due fluidi che rendono possibile la vita, mica cose che ci riguardano.

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